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Francesco Vaglica, artista giovane eppure già assai dotato, è nato a Roma dove risiede e dove s’è formato dopo il diploma d’istituto d’Arte. Alla base del suo linguaggio artistico c’è a pittura della quale egli si riappropria, lontano, però, da ogni accademismo; nelle sue tele non v’è prevalenza di gesto o materia ma di colore, un colore del quale fa risaltare il potere espressivo e che costruisce le sue opere con ardite sfumature sapientemente miscelate Vaglica sa filtrare la realtà oggettiva aprendo un terzo occhio, sensibilissimo a luce e cromatismo, su di una realtà più profonda e intima, serena ed inquietante al tempo stesso, che si manifesta nelle sue produzioni tramite forme fluttuanti, sorta di figure biomorfe forse ricordo, se non riappropriazione, di riferimenti figurali ben precisi. L’impulsività creativa è controllata da un lirismo meditato ed accattivante, risultato del rapporto mediato tra razionale ed irrazionale, che si esprime con una grammatica vibrante all‘interno della quale contrappunti e giustappunti s’organizzano in un’unica armonia. Di fronte alle messe in scena di Vaglica si pensa subito alla danza, alla quale la sua pittura può avvicinarsi per analogia, una danza incentrata sul recupero degli aspetti umani più profondi e dal valore quasi sacrale. Quest’artista, dunque, porta avanti una ricerca personale sincera e coerente che rivendica all ‘arte la libertà di creare, mezzo e luogo dello "svelamento epifanico", e che certo conferma, in linea con la considerazione di J.J. Rousseau, che la vista è tra tutti i sensi quello dal quale meno si possano sottrarre le valutazioni della mente.
Barbara Martusciello. 1991