enzo poel - Francesco Vaglica

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enzo poel

Il recupero del reale attraverso il mito

In un quadro, come in un libro, cerco soprattutto l’uomo. Posso dire di averlo trovato subito, senza la lanterna di Diogene, in un quadro di Francesco Vaglica, visto alcuni anni fa, nel suo studio dove, come in tutti gli ateliers degli artisti regna il disordine: tele ammucchiate, abbozzi, cumuli di carte sui tavoli e sulle sedie, disegni.Conosco Vaglica dal 1989, e l’ho sempre seguito con vivo interesse nelle sue graduali e riflessive evoluzioni stilistiche e poetiche, nelle sue frequenti affermazioni, provando un senso di sorpresa e di ammirazione di fronte alle sue opere, tutte intese ad un sentimento di segreta intimità raro a riscontrarsi nei suoi coetanei.Formatosi all’Istituto d’Arte di Roma e propriamente alla scuola di Fulvio Masciangioli, da cui ha acquisito un certo modo di esprimersi largo in sintesi di piani e di volumi, ha proceduto in seguito per la sua strada, affinando il colore in mutamenti tonali esemplari e liberando in esso, tra emozioni e suggestioni, un vivo sentimento poetico. Pur nella sua evidente evoluzione stilistica, Vaglica ha mantenuto alcuni tratti costanti che stanno a confermare la continuità delle sue esperienze. Tra essi si impone la predilezione per 1’ affascinante problematica dell’impaginazione di uno spazio-segno e di uno spazio-colore come inesauribile ipotesi di lavoro. D’altra parte l’occhio dell’artista è aperto su tutto ciò che la natura e l’uomo ci offrono, e trattando il colore con sognante delicatezza, non dimentica di costruire con vigoria le sue immagini preoccupandosi tuttavia di assegnare loro una essenza lirica, una delicatezza che a tratti può lasciare il passo ad una visione più aggressiva quasi al limite di un potenziale dramma.Per venire all’ultima produzione pittorica di Vaglica la costante umana, attraverso la narrazione favolosa del mito, come espressione irrazionale di sentimenti scaturiti dall’esperienza delle vicende della natura, acquista un valore, un bisogno motivazionale sul racconto, indicativo di quelle condizioni odierne che trascinano e al tempo stesso condizionano l’uomo e i suoi comportamenti, portandolo ai limiti dell’alienazione.Nelle sue tele l’artista ha messo a nudo l’essere, l’ha autenticizzato affinché non sfuggisse a se stesso e per considerare, ancora una volta, con l’angoscia della maturità la condizione esistenziale. Ciò senza pretesti, ma con un realismo in più.Un elemento prezioso di Vaglica é la tecnica, sempre usata con singolare abilità, indispensabile del resto in un simile tipo di pittura. Da essa infatti si rileva1’ immagine e a volte ne trae ispirazione. Nel dipinto intitolato Ultimo viene il corpo a mio parere tra i più suggestivi di Vaglica - ad occhio distratto, l’immagine potrebbe apparire anche confusa. Al contrario, ogni parte contribuisce a fissare un valore conclusivo. Nella potenza del fondo raggrumato e graffito con densità materiche, l’immagine acquista forma attraverso un palpitare continuo di toni riflessi che la luce, vera protagonista, infrange e ricompone. Si fa chiaro che il significato delle luci, il fermento del magma materico si sostanziano nell’azione pittorica, esaltando, della realtà delle cose, i caratteri peculiari, riassumendone i valori profondi in un organismo indipendente da cui scocca l’evidenza di una attitudine esplicita a meglio sostenere l’impulso spontaneo e immediato delle sensazioni e dei sentimenti, invece di specularne analiticamente i moti reconditi.

L’artista è consapevole che il suo quadro può essere un’aggressione, ma lui vuole considerarlo una sorta di passaporto per raccontare frammenti di esistenza, una specie di singolare segreto, per svelare altri e diversi segreti, soggettivi e sociali, dei propri simili.Dubbio antico è un dipinto dal piglio irruente e persuasivo dove a tutti i costi Vaglica vuol trovare una verità, una risposta, una luce nel buio; sì il buio della materia grezza, della materia che non ha vita. La stessa atmosfera che avviluppa le figure, denota una paura irrazionale del vuoto e della solitudine, e tale inquietudine giunge a sconvolgere la coscienza e a scardinare le rette sempre oscillanti dell’esistenza.

Enzo Poel 1993


 
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