Specchio di cielo - Francesco Vaglica

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Specchio di cielo


SPECCHIO DI CIELO
Strane alchimie del cielo.

Alzare gli occhi al cielo è stato forse il primo vero gesto di globalizzazione, e non solo nel senso spaziale del termine ma soprattutto in senso temporale.
Nel desiderio di cielo di ognuno di noi è il sottile legame che ci unisce ai tem¬pi remoti del tempio del Sole di Sto¬nehenge, delle sepolture sapiente¬mente orientate delle piramidi Azteche e di quelle Egizie, dei cerchi megalitici irlandesi, dei sistemi di menhir alli¬neati per indicare punti astronomica¬mente rilevanti, nei templi di Angkor, degli oscuri o chiari simboli astronomici sparsi, non per caso e non a caso, su opere artistiche e monumenti arrivati a noi scavalcan¬do secoli.
E’ un po’ di tempo che, durante le mie frequenti visite nello suo studio, Francesco Vaglica mi parla di questo suo grande interesse per il cielo, lo trovo spesso a spulciare tra manuali di astronomia e testi di cultura New Age, mi racconta di civiltà remote e di luoghi in cui sembra specchiarsi il cielo, (dell’alba dell’equinozio di primavera del 10.500 a.C., stando alle affascinanti teorie di Graham Hancock).Provocandolo gli chiedo: “ma quale importanza posso¬no avere quegli allineamenti di stelle, quei bizzarri accostamenti di punti, estratti dalla confusione di migliaia di punti lumi¬nosi?”
Malgrado queste nuove conoscenze mi rendo conto, guardando la sua ultima produzione, che Vaglica è rimasto sì catturato da questa ragnatela fatta di scienza, storia e civiltà perdute ma non ha voluto specularci, per ora ha provato solo a star lì, con la coscienza e l’ingenuità di chi ignora, nel buio a indicare percorsi immaginari sulla volta celeste come se fosse uno schermo, una delle sue tele nere. Nello stesso momento in cui viene percepita, la strana, irrego1are figura geometrica esce dal groviglio, spicca sul fondo caotico di punti, è come una figura a sbalzo, un bassori¬lievo, e la vedi, poi la definizione geometrica gradatamente scompare, prima dalla nostra testa poi dalla volta stellata e infine dalla tela, e prendono corpo i Pesci, Il Cancro, il Sagittario, Orione, Perseo, Pegaso.
Quelle strane alchimie del cielo, traiettorie luminose e geometriche apparizioni è lì che l’artista interviene, si pone sulla scena con ingenua presunzione e comincia a stendere i suoi strati di colore, tenta di trovare un ordine ancorche formale e spaziale temporale, va aritroso fino al primordio poetico che gli appartiene quel primordio, che per lui magnogreco di origine, è fatto di storie degli Dei e dei miti della saggezza popolare che ciclicamente tornano a popolare le sue tele.
“Quel buio alla fine ha restituito alla luce un caos materico primordiale, ed è solo dando ordine a quel caos che Francesco Vaglica ha ritrovato l'uomo.”
Quegli allineamenti di stelle, quei bizzarri accostamenti di punti, estratti dalla confusione di migliaia di punti lumi¬nosi, si sono trasformati ed hanno cominciato ad essere, quel¬la cupola notturna che quando alzò gli occhi era cosparsa in modo casuale di punti luminosi è ora piena di figure, di storie, di sogni, di fantasie.

Gianluca M. Monesi 05-02-2003

 
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