elise desserne - Francesco Vaglica

Cerca
Vai ai contenuti

Menu principale:

elise desserne

Vedere, toccare, credere.


La ricerca della "verità" (intesa, non come concezione apparente della realtà, ma come idea assoluta) ha spesso spinto l'uomo, dal filosofo al santo, ad affidarsi, in primis, ai suoi sensi, alle sue emozioni, alla sua istintività. In seguito, ridimensionato il sentimento religioso, l'evoluzione della scienza e delle tecnologie, ha indotto inevitabilmente l'uomo a sospettare ogni forma di spontaneità di pensiero, mettendo al centro del dilemma la primordialità del ragionamento.
San Tommaso crede nella resurrezione di Cristo soltanto quando lo vede e lo tocca. Più tardi, nel XVII secolo, René Descartes, dichiara la necessità di dubitare di tutto, di fare tabula rasa di tutte le nostre conoscenze, seguendo un rigido metodo scientifico, per potere confermare la nostra esistenza ("cogito, ergo sum") e quella del mondo che ci circonda. Da allora, il dubbio si è fatto sempre più complesso, dovuto, in parte alla moltitudine di pensieri che sono nati nel corso dei secoli, e in parte, grazie soprattutto al loro diffondersi, facilitato da una galoppante comunicazione mediatici. La verità non è più assoluta, non è più una sola! Ne esistono tante ed apparenti; in noi prevale la consapevolezza e la coscienza dell'esistenza di troppe realtà diverse.
Francesco Vaglica, però, non cerca verità sensoriali, cerca e dipinge la sua "verità", come l'uomo preistorico dipingeva una visione propria della realtà. Così, dall'istintività, nasce una figura simbolica, contenitrice di emozioni fantastiche, magiche e, chiave di accesso ad un mondo in levitazione, si definisce lo spazio ed il tempo nella loro relatività.
Il nostro sguardo, ormai saturo di immagini di consumo di massa, può osservare la pianta nascere dal seme, senza sorprendersi più di tanto del "miracolo" della vita, della sua eterna forza ciclica e riproduttiva. Dentro di noi, però, permane l'evidenza di un mistero irrisolvibile. E' una sensazione che ritroviamo nell'opera pittorica di Vaglica, carica dì una forza quasi mistica, di una nuova dimensione a noi sconosciuta.
Particolarmente legato alla forma umana, alle sue curve, alle angolazioni, alle potenzialità espressive, Francesco Vaglica, invita il nostro occhio-cervello a leggere istantaneamente il racconto che si svolge sulla tela, per poi, pian piano, iniziarci alla meditazione e al raccoglimento.
Un po' come nella famosa scena della creazione di Adamo (Cappella Sistina) di Michelangelo, nella quale l'artista trova un modo decisamente nuovo per rappresentare l'origine dell'uomo, mettendo al centro della composizione le mani dei due protagonisti, strumenti di passaggio del flusso creatore, Vaglica, ci indica il focolaio dell'azione, a volte nei visi, più spesso nelle mani dei suoi personaggi. Una luce radente, che sembra provenire da una fonte artificiale, accarezza, esalta e mette a fuoco la tensione, rafforzata in altri punti da triangoli vivamente colorati. Se è vero che gli occhi sono lo specchio dell'anima, le mani sono, per Francesco Vaglica, l'inizio e la fine d'un racconto, punto comunicante tra la tela ed i nostri occhi, luogo d'incontro, infine, tra la verità dell'artista e la realtà che è concretamente in noi. Così l'anima operaia costruisce con le proprie mani il destino di una sagoma e del suo significare. Inoltre, nell'opera di Vaglica, sorprende una singolare duplicità: l'inaspettata atmosfera di dolcezza, quasi di sensualità che amane dal suo tratteggio "infinito" che definisce forme, anche appena schizzate e la potenza latente che viene espressa da un braccio, o da una gamba, in tensione. La gestualità così sottolineata, è rafforzata dall"Idealizzazione in un contesto spaziale e temporale, tecnicamente rivelata da una molteplicità sfumata di toni del colore.
Si potrebbe sintetizzare il lavoro di Vaglica nella famosa frase di Blaise Pascal, 1l cuore ha le sue ragioni che la ragione ignora", perché ci pone di fronte ad una emozione che non si può necessariamente spiegare ma soltanto sentire e condividere. Insomma, entrare nel mondo pittorico e nella forma mentis di questo artista, si rivela un'esperienza emozionante ed insolita in quanto carica di tensione emotiva, di gusto coloristico e soprattutto porta in sé quel profondo senso d'umanità che noi abbiamo disperso.

  Elise Desserne 2006

 
Torna ai contenuti | Torna al menu