michele greco - Francesco Vaglica

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LA MITOLOGIA BORGHESE DI FRANCESCO VAGLICA



Francesco Vaglica, di origine siciliana, ben denunciata dagli occhi neri e dalla carnagione scura, è nato a Roma. Roma lo ha educato all’arte ed alla vita! Un’artista semplice, che ama confrontarsi con le turbolenze di questa cultura che difficilmente concede, e poco apre le braccia, ai giovani ed agli iniziati. Vaglica ha 25 anni ed é il più giovane chiamato a verificarsi al Centro Studi 70 in "Incontri di Tendenze" E’ studente in Storia dell’Arte alla Sapienza.
Anche se Roma ha indubbiamente determinato caratterialmente il suo attuale essere sociale, la Sicilia é rimasta profondamente radicata nel suo animo. Non a caso il mito, e la credibilità che si concede alla superstizione, sono elementi che si acquisiscono sin dalla tenera età; affascinanti come la favola, suggeriti dai genitori e dagli ambienti.
Nelle opere di F.Vaglica la mitologia scolastica si confonde con quella della vita quotidiana che apre gli occhi al. fascino dell’incredibile e del fantastico. I suoi eroi, Icaro, Filippide, Minerva, Perseo, non sono certo diversi dai nostri falsi eroi del quotidiano che affollano gli stadi o le tribune politiche, che guidano una rombante Ferrari o che trascinano le folle verso sogni di libertà o di potere. Fascino dell’utopico, memoria dell’infanzia e della nenia.
Lo dicevamo comunque in altre circostanze:- I1 pretesto non compromette mai l’intento. -Vaglica, infatti, utilizza gli schemi della mitologia, e non solo di essa, per parlarci un po’ dei suoi sogni traditi, delle sue fatiche sociali mortificate nella ricerca d’uno spazio umanamente dignitoso. Le sue opere, che sono vestite di luce e colore, s ‘impongono all’aridità d’uno sperimentalismo freddo e concettuale, gioco ormai di certe avanguardie che hanno dimenticato il significato artigianale d’un pennello e della luminosa biacca.
Il suo dipingere è un corretto uso del codice pittorico che lui reinventa nella sintassi e nella forma. Pertanto, riducendo il fascino del mito alla caducità del reale traduce le forme e le masse umane in volumi apparentemente informi, che ricordano un po’ la pietra campestre ed il macigno d’una rupe. Un intreccio di colori che si mescolano con i sentimenti, più che di linee e di forme. Attoniti, quasi intimoriti dalla aggressività dei volumi, i sentimenti si riducono a fughe di luce in gabbie delineate e comunicanti.
Perché? Perché oggi noi abbiamo timore di manifestare i nostri sentimenti così in antitesi con i fatti di una società tecnologica, spersonalizzante e fredda.
Paura di noi stessi e delle nostre più naturali manifestazioni! Ben giunga questa "mitologia borghese" di Vaglica a ricordarci che in fondo a noi stessi, nel più nascosto della nostra anima, l’infanzia, la gioia di vivere, il sogno e la più libera fantasia reclamano, come bestie sacrificali, la dignità d’essere e di vivere.

Michele Greco


 
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